Nel capitolo precedente: Candito, un cagnolino senza famiglia, racconta a Cicciobello Bua del momento in cui ha finalmente conosciuto la parola CASA.
Clicca qui per iniziare a leggere la storia completa dall’inizio.
Quando sono entrato in casa le ho viste. Due pelose diverse da me, sempre con le orecchie, quattro zampe e la coda ma con un aspetto dissimile. Una bellissima, tutta bianca, con un occhio verde ed uno azzurro, le sue sembianze sembravano regali e mi guardava con il musetto a punto di domanda, come a chiedersi chi fossi. L’altra, più piccolina e paffuta, bianca e rossa, gli occhi verdi come smeraldi e un’aria decisamente poco cordiale. Percepivo già il suo astio. Quando mi ha visto si è gonfiata come un palloncino, nemmeno volesse sembrare un piccolo leone, ma la cosa che mi ha inquietato di più è stato il suono che emetteva… basso, gutturale, decisamente per nulla invitante.
La mia famiglia le ha tenute a distanza per un po’ da me, lasciando che io mi ambientassi e sentissi tutti gli odori. Ero interessatissimo, infatti.
Mi ha subito incuriosito un grande camino che ho visto nella sala grandissima, dove già mi immaginavo a giocare e correre felice. Un altro posto che mi ha affascinato sin da subito è stata la cucina che emanava profumi meravigliosi. Unica sciagura era che la mamma non voleva assolutamente che io ci entrassi. Ma le altre pelose vi avevano accesso. Inspiegabile per me in quel momento ma la mamma era perentoria: la cucina, per me, era off-limits ma la tentazione era fortissima così, quando vedevo la mamma in cucina, mi avvicinavo e stavo sulla soglia della porta.
Era inevitabile, però, incrociarsi con le altre abitanti della casa che dopo ho scoperto essere due gatte. Con la bianca, di nome Simba, non avevo problemi. Lei mi guardava, io provavo ad annusarla e lei mi superava velocemente. La tragedia iniziava quando incrociavo Ginger. Una tipa senza scrupoli, ogni volta che incrociavo lo sguardo con lei diventava intrattabile e prepotente, soffiandomi e miagolandomi malamente. Inoltre, se eravamo abbastanza vicini, mi zampava sul muso.
Oh povero Candito! Un cane dolce come te deve aver sofferto tanto.
Sì Ciccio, ho sofferto e continuo a soffrire di questo suo comportamento perché io, con lei, vorrei fare amicizia, giocare, fare la nanna ma lei non ne vuole sapere.
Ricordo che una sera io e Simba eravamo fuori dalla porta della cucina. Io stavo guardando la mamma che preparava la cena con occhi sognanti ed è arrivata lei, Ginger. Come al solito ha iniziato a molestarmi con i suoi miagolii insistenti e, ad un certo punto, mi si è avvicinata moltissimo. Ho capito che mi avrebbe sicuramente zampato e, allora, ho deciso di spostare lo sguardo per farle capire che io non la vedevo.
Vabbè Candito, ma lei ti vedeva però…
Guarda Ciccio, tu non avrai ancora avuto modo di incrociarla ma Ginger è proprio una “bella tipetta”
Speriamo mi grazi… e quindi se lei ti vedeva perché tu giravi lo sguardo?
Mah. Io ho pensato “Se io non ti guardo, tu non mi vedi” e quindi Ginger non avrebbe dovuto vedermi … e quindi se non lei non mi vedeva, non mi avrebbe fatto del male.
E ha funzionato?
Ho scoperto che questa tecnica non funzionava.
Ginger, malgrado io non la guardassi, mi continuava a vedere e se non interveniva la mamma lei avrebbe fatto ancora una volta la prepotente con me, ricordandomi continuamente che lei in casa c’era arrivata molto tempo prima.
Un altro posto dove Ginger spadroneggiava era la camera di mamma e papà. Anche quella stanza, per me, era proibita. Ho sentito la mamma dire al papà che non poteva nemmeno pensare che io salissi sul letto e che diventasse il dormitorio di tutti. Non ho capito bene la questione ma ho visto chiaramente, con i miei occhi, la gatta Ginger appallottolarsi, più e più volte, sul lettone a fare la nanna. Io la nanna la faccio nel mio kennel o nei fantastici cuscinoni blu davanti al camino. Sono molto più comodo e non sento il papà che russa…
A volte, però, mi piace affacciarmi in camera, magari per andare a svegliare con una leccata il papà, ma Ginger è come una guardia armata: come mi vede oltrepassare la porta si avvicina tutta gonfia e mi soffia in faccia (e se riesce mi zampa il muso!).